Una società commerciale è stata sanzionata dal Garante a seguito delle chiamate pubblicitarie fatte ad un utente.

Alla prima telefonata l’utente, ha chiesto all’operatore di non essere più contattato poiché non aveva mai concesso il consenso al trattamento dei propri dati personali.

Alla seconda telefonata, non solo ha ribadito di non aver mai prestato il consenso, ma ha scritto al call center avvalendosi dei diritti riconosciuti dal GDPR, chiedendo di riscontrare:

  • La fonte dei dati (dove sono stati raccolti il numero di telefono ed il nome?);
  • L’opposizione al trattamento (ditemi che avete capito che non voglio più essere disturbato);
  • La cancellazione dei dati personali (dimenticatevi di me);

La società non ha fornito alcun riscontro (doveva farlo entro 30 gg.), quindi l’utente ha presentato un reclamo all’Autorità Garante, il quale ha avviato l’istruttoria ai sensi dell’art. 157 del D.Lgs. 196/2003 per chiedere conto all’azienda del suo comportamento.

Nonostante la ricezione della PEC del Garante con la richiesta di chiarimento, l’azienda non ha ritenuto di presentare memorie difensive o di riscontrare quanto richiesto, quindi il Garante ha comminato una sanzione da 20.000 Euro, pari allo 0.25% della sanzione massima edittale.

Questo provvedimento fa capire che l’attenzione da parte del Garante in ambito marketing è molto alta e non sono più tollerati i comportamenti visti in passato (che hanno comunque portato a sanzioni monstre).